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Intelligenza Artificiale: un italiano su due dichiara di averne una buona comprensione, ma c’è un gap culturale e informativo rispetto ad altri Paesi

Area Studi Legacoop-Ipsos negli ultimi 5 anni, le nuove tecnologie hanno impattato soprattutto sul modo di informarsi per 9 italiani su 10, sulla quotidianità per 7 su 10, sul modo di lavorare per 6 su 10

Un italiano su due dichiara di avere una buona comprensione dell’intelligenza artificiale, ma con un evidente divario culturale e informativo rispetto ad altri paesi. Da un’indagine a campione effettuata su un panel di cittadini di età inferiore ai 75 anni di 30 paesi dei cinque continenti, l’Italia risulta infatti, sotto questo aspetto, al penultimo posto (seguita dal Giappone, col 41%) e con 17 punti percentuali in meno rispetto alla media globale (67%).

È quanto emerge dal report FragilItalia “Intelligenza artificiale e ruolo della tecnologia”, realizzato da Area Studi Legacoop e Ipsos, in base ai risultati di un sondaggio condotto su un campione rappresentativo della popolazione di 30 paesi (Italia inclusa) e, per la parte specificamente dedicata alle tecnologie, della popolazione italiana, al fine di testarne le opinioni relative al tema.

Per il nostro Paese va meglio, in termini relativi, per quanto riguarda la conoscenza di prodotti e servizi che utilizzano l’intelligenza artificiale, appannaggio del 46% degli italiani, che si collocano a metà classifica, con una differenza di soli 6 punti rispetto alla media (52%) e per la convinzione che questi prodotti e servizi presentino più vantaggi che svantaggi, espressa dal 53% degli italiani, con soli tre punti di differenza dalla media globale (56%). Prevale di poco la percentuale di chi si dichiara di essere entusiasmato dai prodotti e servizi che utilizzano l’IA (il 49%, 3 punti in meno della media) rispetto a quella di chi invece li percepisce come fonte di ansia (il 44%, 9 punti in meno della media).

“Siamo nel mezzo di una rivoluzione silenziosa ma vorticosa -sottolinea Simone Gamberini, presidente Legacoop- che non può essere lasciata a sé stessa o, peggio, al mercato. Si profila con chiarezza un duplice scenario: da un lato, l’Italia sta vivendo una profonda trasformazione legata all’evoluzione tecnologica, che ha già cambiato radicalmente le abitudini quotidiane, il lavoro, e soprattutto l’accesso all’informazione; dall’altro, permane un significativo ritardo culturale e informativo verso l’intelligenza artificiale, rispetto ad altri Paesi. Ebbene, è fondamentale colmare questo divario. È necessario promuovere conoscenza, consapevolezza e un approccio critico alle nuove tecnologie, affinché l’innovazione non sia vissuta con paura o distacco, ma come leva di inclusione, sviluppo sostenibile e giustizia sociale. È anche evidente che l’adozione dell’IA e delle tecnologie emergenti dovrà essere accompagnata da politiche pubbliche e da un patto tra istituzioni, imprese, mondo del lavoro e cittadini per gestire il cambiamento, tutelare i diritti, garantire la privacy e salvaguardare l’occupazione. Il futuro non è scritto: sta a noi decidere se queste trasformazioni saranno al servizio delle persone o se lasceranno indietro i più fragili. Il movimento cooperativo è pronto a fare la sua parte per un’innovazione giusta e condivisa ed è già impegnato ad investire sul fronte della formazione per adeguare le competenze di chi lavora nelle cooperative e per agevolare il trasferimento dell’innovazione alle imprese”.

La tecnologia negli ultimi cinque anni: una rivoluzione silenziosa

Se l’intelligenza artificiale è ancora un terreno da esplorare, la tecnologia in generale ha già trasformato profondamente la vita degli italiani. Negli ultimi cinque anni, il cambiamento più rilevante ha riguardato il modo di informarsi, indicato dal 90% degli intervistati. Seguono, per impatto percepito, la quotidianità pratica (72%), il modo di viaggiare (66%), le relazioni con gli amici (64%), il modo di lavorare (59%, ma il 75% tra gli under 30 e il 71% tra i laureati). Più limitato, invece, l’effetto su relazioni familiari e vita sentimentale.

Lo sguardo verso il futuro: tra opportunità e timori

Interrogati sulle tecnologie emergenti che avranno il maggior impatto nei prossimi anni, gli italiani non hanno dubbi: l’intelligenza artificiale è al primo posto (75%, e 81% tra i laureati). Seguono, a notevole distanza, la robotica e l’automazione (39%; e 46% tra gli over 64 e il ceto popolare), le energie rinnovabili e le tecnologie sostenibili (38%, e 44% nel Nord Ovest), le biotecnologie e l’ingegneria genetica (31%).

Ma questa trasformazione non è vista solo in chiave positiva. Prevalgono, anzi, visioni piuttosto pessimistiche: secondo molti italiani, le nuove tecnologie porteranno a una maggiore dipendenza, a una compromissione della privacy e a un profondo cambiamento del mondo del lavoro. Lo spettro della disoccupazione tecnologica e l’erosione della sfera personale sono percepiti come rischi reali. Al primo posto, tra le preoccupazioni, l’aumento della dipendenza dalla tecnologia (40%, ma 50% al Centro Italia), la compromissione della privacy (33%; 40% tra le donne e al Nord Est), le radicali trasformazioni del modo di lavorare (30%), la perdita di posti di lavoro e l’aumento dei disoccupati (23%; 34% nel ceto popolare), la concentrazione del potere nelle mani di pochi e ricchi (22%).

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