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Divario Nord-Sud aumentato negli ultimi anni per 2 italiani su 3

Presidente Gamberini: “Per superare gli squilibri, indispensabile mettere in comune le ingenti risorse comunitarie”

Due italiani su tre ritengono che il divario Nord-Sud sia aumentato negli ultimi anni, oltre la metà che sia destinato a crescere ulteriormente, ma questa percezione si aggrava ulteriormente nei cittadini del Mezzogiorno (rispettivamente 69% e 60%). Per ridurlo e promuovere lo sviluppo e la crescita delle regioni meridionali, per il 52% occorre puntare sull’occupazione giovanile, per il 41% sull’occupazione femminile e per il 39% sul merito: fattori attualmente poco presenti in quelle aree. Viene inoltre ritenuto cruciale investire su sanità (48%), sviluppo delle infrastrutture (47%), strategia di attrazione di investimenti e imprese (45%), sviluppo dell’offerta turistica e ricettiva (43%).

Sono le principali evidenze che emergono dal report FragilItalia “Lo sviluppo del Mezzogiorno”, elaborato da Area Studi Legacoop e Ipsos, in base ai risultati di una rilevazione condotta su un campione rappresentativo della popolazione, per testarne le opinioni sul tema.

“Le percezioni dell’opinione pubblica italiana riflettono un dato che, a maggior ragione dopo la pandemia, è sotto gli occhi di tutti” -afferma Simone Gamberini, Presidente di Legacoop-: le differenze strutturali tra Nord e Mezzogiorno si amplificano, anziché ridursi. E in controluce alle risposte ai quesiti che abbiamo posto, si affaccia una agenda ormai precisa e condivisa sia dei problemi, su tutti l’insufficiente coinvolgimento di giovani e donne nel mercato del lavoro, sia delle soluzioni: investimenti per sviluppare infrastrutture materiali e immateriali. Ma sono cose risapute e ripetute da decenni. Forse vi sarebbe oggi l’occasione, proprio con il Pnrr, con i fondi di coesione e con le misure comunitarie in capo alle Regioni, di costruire un nuovo modello di sviluppo sostenibile nazionale, capace di riequilibrare la frattura territoriale tra Nord e Mezzogiorno, mettendo in comune l’intero spazio fisico nazionale come terreno di sviluppo. Vanno quindi messe in comune le opportunità offerte dalle ingenti risorse comunitarie disponibili in questa fase storica del Paese, le diverse capacità imprenditoriali diffuse nell’intero Paese, i territori consumati e i territori ancora fruibili imprenditorialmente, il tutto dentro una visione di sostenibilità economica, sociale e ambientale nazionale. Il sistema cooperativo può costituire un valido player in tale strategia, come del resto è già una convinzione degli italiani e degli italiani ben visibile anche in questo report”.

Come detto, per quanto riguarda gli investimenti idonei a favorire lo sviluppo del Mezzogiorno, al secondo posto, con il 47% di indicazioni, figurano quelli in infrastrutture. A tale proposito, dal Report emerge che le reti infrastrutturali considerate maggiormente strategiche sono la rete turistica (per il 50% degli intervistati), la rete stradale e la rete della salute (entrambe al 47%), la rete agroalimentare (45%). Per la metà dei residenti nel Sud assume carattere strategico anche la rete ferroviaria, che nella percezione nazionale registra un valore medio del 44%.

Ma in un territorio dove per il 66% degli italiani non ci sono adeguate opportunità di crescita economica e al quale 1 italiano su tre (il 35%) attribuisce la responsabilità ultima dell’arretratezza dell’Italia rispetto agli altri paesi UE, quali sono i fattori che ne limitano maggiormente le possibilità di sviluppo? E in quali ambiti il Sud potrebbe rappresentare un traino per lo sviluppo economico dell’intero Paese? Riguardo al primo quesito, il 53% degli intervistati indica le mafie e la criminalità, il 45% la corruzione, il 43% il lavoro nero, il 31% l’evasione fiscale, il 29% il clientelismo.

Da notare la rilevante differenza nella percezione di tali fenomeni tra nord e Mezzogiorno. Riguardo ai primi quattro fattori critici indicati, le percentuali relative ai pareri espressi dai soli intervistati residenti al Sud calano sensibilmente rispetto alla media complessiva, collocandosi, rispettivamente, al 40% per mafia e criminalità organizzata (al nord 60&, al centro 58%), corruzione, al 37% per il lavoro nero, al 26% per l’evasione fiscale. Maggiore rilevanza rispetto alla media nazionale viene invece attribuita, da chi vive nel Mezzogiorno, alla mancanza di fondi e investimenti statali (28% contro il 19% della media complessiva) e all’eccessiva burocrazia (26% contro il 20% medio).

Relativamente agli ambiti nei quali il Sud potrebbe fare da traino allo sviluppo del Paese, 7 italiani su 10 indicano turismo e cultura, il 52% l’industria agroalimentare e il 37% i rapporti commerciali con i Paesi dell’area del Mediterraneo.

Su questo sfondo sicuramente complicato, il Mezzogiorno può però fare affidamento (trovare una leva di crescita) su un asset particolare: l’elevato livello dell’indice di spirito imprenditoriale, che con il 74% colloca il Mezzogiorno in prima posizione rispetto al 71% del Nord e al 69% del centro.  L’indice è costruito in base all’importanza attribuita a caratteristiche ritenute essenziali per la propensione all’imprenditorialità. Oltre a condividere le percentuali medie al top della scala delle caratteristiche individuate come essenziali per un imprenditore –essere una persona disciplinata e che ha buone capacità di pianificazione (entrambe all’86%), che gestisce bene i soldi (85%), con una solida etica del lavoro e che crede fortemente in sé stessa (entrambe all’84%), che ama ciò che fa nella vita (82%), gli intervistati residenti al Sud attribuiscono una maggiore importanza, rispetto alla media del campione, al fatto che l’imprenditore debba essere una persona piena di risorse (87% contro 78%), innovativa (84% contro 78%), proiettata verso il futuro (82% contro 77%), in grado di affrontare le sconfitte (81% contro 77%), creativa (79% contro 72%).

Infine, dal sondaggio risulta che le cooperative potrebbero contribuire a promuovere la crescita del Sud più delle imprese di capitali. Lo pensa il 54% degli intervistati complessivi, il 60% di quelli residenti nel Mezzogiorno e il 66% degli under 30. Le aree nelle quali le cooperative potrebbero offrire un contributo maggiore a sostegno dello sviluppo sono la lotta alle mafie e alla criminalità e il contrasto al lavoro nero (entrambe indicate dal 43% degli intervistati), la promozione dell’occupazione giovanile (41%), la lotta alla corruzione (39%).

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