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LEGALAB – Sette voci per costruire l’orizzonte della cooperazione che verrà

Bari, 25 novembre 2015 – I lavori di Legalab sono proseguiti con le interviste di Enzo Risso e Luca De Biase a sette testimonial significativi. Sette punti di vista cooperativi e non, sette sguardi interessanti per costruire un orizzonte lungo il quale la cooperazione dovrà comunque lavorare per costruire il proprio futuro. Ecco alcuni degli stimoli usciti.

 

Maurizio Decastri, prorettore Università Tor Vergata

La parola d’ordine è connettere. Per farlo occorre riconoscere nella competenza altrui qualcosa di utile alla propria. Tutte le innovazioni nascono dall’incontro di matrici di competenze diverse. Il secondo passaggio è poi selezionare idee giuste tra tutte quelle nate dalla connessione. Qual è il proprio della cooperazione, in questo quadro? La capacitò di produrre valore economico e di vivere valori, di connettere questi due aspetti. In Italia facciamo molte invenzioni ma poca innovazione, perché non riusciamo a dare alle idee gambe per crescere. Per crescere può essere utile creare una sorta di mercato delle idee nel mondo cooperativo.

 

Andrea Dili, associazione XX maggio

Lavoriamo sui professionisti. Una flessibilità sicura, è il nostro motto. Redditi bassi e nessuna copertura: a fronte di questa situazione abbiamo lavorato per produrre proposte che sono state consegnate al Governo ma occorre soprattutto puntare sull’aggregazione, che permette anche di superare le barriere che esistono per l’accesso al mondo del lavoro. E sul tema dell’aggregazione la cooperazione ha due vantaggi: la democrazia interna, vera, e l’indipendenza che può essere garantita al professionista. Si sta lavorando per avere una disciplina fiscale delle società tra professionisti, senza cui non possono decollare.

 

Fabio Simonelli, Eppela

Siamo una società specializzata nel crowdfunding, che è un nuovo modello di finanza e collaborazione, non un’alternativa alla finanza classica. Per imboccare questa strada e convincere le persone a finanziare la tua idea devi avere un obiettivo chiaro, un sistema social capace di propagare la tua idea e quel che stai facendo, un rispetto maniacale dei tempi con cui ti impegni a realizzare il progetto per il quale chiedi sostegno.

 

Marta Mainieri, fondatrice Collaboriamo.org

Le piattaforme per scambiare e condividere in Italia sono oggi 186, compreso quelle di crowdfunding, e sono aumentate in un anno del 35%. È un mercato senza leader: solo l’11% ha più di 100mila utenti, la maggior parte viceversa è vuota. Faticano a trovare finanziamenti: l’81% si finanzia da sé. Hanno una vocazione sociale, territoriale, culturale. Mondo che sarebbe ben felice di essere intercettato dalla cooperazione.

 

Walter Dondi, direttore Fondazione Unipolis

La sharing è un processo di cambiamento e di trasformazione che non dipende solo dalla crisi. Occorre governare la transizione: non tutto è positivo, alcune cose sono una minaccia ai diritti delle persone, in realtà. Cooperazione dovrebbe offrire modello di partecipazione una democrazia governante. Dobbiamo chiederci, anche in questo quadro, come possiamo ripensare la mutualità? Mutualità tra gli stessi soci, non solo tra cooperative. Dobbiamo sviluppare una dimensione di trasversalità: cooperazione si è sviluppata divisa a settori mentre le nuove tendenze procedono in modo trasversale.

 

Silvia Avesani, progetto Quid

La nostra cooperativa si occupa di realizzare capi d’abbigliamento unici recuperando tessuti dai grandi produttori italiani, mettendo al lavoro persone con fragilità. Dobbiamo rispondere ai bisogni sociali in modo innovativo. Possiamo unire aspetti sociali ambientali e di mercato applicabile a tutte le aziende con interesse etico. La cooperativa ci ha dato in più una centratura forte sul valore della persona. Poi per andare avanti c’è un lavoro molto difficile da fare, ma lo si porta avanti essendo anche amici, capendosi nelle difficoltà e aiutandosi a guardare oltre.

 

Alessandro Hinna, presidente CNS

Sussidiarietà non è più tra stato e mercato ma c’è un soggetto nuovo. In teoria c’è uno spazio per la cooperazione. Tradurlo in pratica è il lavoro che dobbiamo fare. Si dice che tra le nazioni chi ha più patrimonio culturale fa meno politiche culturali. A noi rischia di succedere una cosa analoga. Abbiamo un dna che racconta del protagonismo dei bisogni, della centralità dei valori, della mutualità. Ma se tutto ciò atterra negli statuti e nelle regole senza passare alle scelte e ai comportamenti mi appiattisco.

 

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