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PNRR, Politiche Sociali e Terzo Settore: presentato il rapporto redatto da Open Polis in collaborazione con il Forum Nazionale del Terzo Settore

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) rappresenta una grande occasione per il nostro Paese, potenzialmente in grado di mobilitare le tante energie presenti per consentire di colmare i notevoli divari nel nostro territorio. Il Pnrr ha un valore complessivo di circa 191,5 miliardi e comprende al suo interno circa 300 misure e oltre 1.000 scadenze per la loro realizzazione entro il 2026. Tra queste misure (che si suddividono in riforme e investimenti) ne sono state individuate circa 60 (per oltre 250 obiettivi e traguardi) che possono essere di interesse per gli Enti Terzo Settore (Ets), sia perché toccano temi di particolare rilevanza per la vita dei cittadini, sia perché possono vedere coinvolti gli enti stessi nella loro realizzazione, e su di esse si è avviato un monitoraggio. Da esso emergono diverse e importanti criticità. Il terzo settore dovrebbe infatti avere un ruolo da protagonista nel Pnrr – almeno per i (tanti) temi di propria pertinenza – e non di mero e potenziale esecutore dei progetti: dovrebbe piuttosto partecipare anche alle fasi di elaborazione dei bandi secondo una logica di co-programmazione oltre che di co-progettazione. In realtà, una verifica attenta dell’attuale stato di attuazione del piano mostra piuttosto che gli enti del terzo settore, nonostante siano evocati nel testo del piano, non sono effettivamente coinvolti nella sua concreta attuazione. Difatti, i soggetti protagonisti della realizzazione del Pnrr sono sostanzialmente gli enti pubblici, nazionali o locali. Nella maggior parte dei casi l’eventuale coinvolgimento degli Ets è indiretto ovvero demandato agli enti locali. Lo strumento principe per l’attribuzione delle risorse è il bando di gara. Gli avvisi sono spesso redatti e pubblicati dalle amministrazioni centrali senza tener conto dei dati già in loro possesso e delle criticità già note e rilevate in merito alla platea dei potenziali destinatari degli interventi; i bandi vengono invece rivolti ad una totalità generale di soggetti – spesso enti locali – tutti chiamati indistintamente a presentare progetti di intervento.

In tal modo però, si premiano le amministrazioni più organizzate invece di destinare le risorse laddove ve ne è più necessità. Gli enti locali sono tra i principali destinatari dei bandi di gara nazionali, ma essi scontano una riduzione da diversi anni del personale, quello presente ha una età avanzata e spesso con competenze non adeguate, mentre il personale aggiuntivo previsto per l’attuazione del Pnrr sconta le stesse problematiche di quello a livello nazionale (ritardi, scarso appeal della proposta di incarichi a tempo 3 determinato). Dai dati risulta che delle 15mila nuove assunzioni negli enti locali ne siano state sinora fatte sole 2.200. Molte amministrazioni locali accusano difficoltà nell’accesso alle risorse, considerate anche le complesse procedure burocratiche previste, le cui scadenze risultano assai ravvicinate salvo poi, molto spesso, vederle prorogate proprio in considerazione della tardiva/mancata partecipazione degli enti locali potenzialmente interessati (è successo ad esempio nei casi dei bandi per gli asili nido e per i beni confiscati alla mafia). In questo senso, sembra opportuno che la pubblica amministrazione muti il proprio “paradigma di azione” scegliendo di lavorare a stretto contatto con il Terzo settore (anche) nella redazione dei bandi (a livello centrale) e nella scrittura dei progetti (a livello locale). Solo così, infatti, possono essere individuati al meglio gli obiettivi da porre in essere e realizzare interventi che possano avere una ricaduta effettiva sui territori. Soltanto un’azione congiunta, in termini di competenze, visione ed esperienza, può infatti offrire una risposta efficace e valida ai bisogni delle comunità e permettere al Pnrr di centrare i suoi obiettivi di sviluppo sociale ed economico sui territori.

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